“IL MEDICO OSSERVA...”
18 Ott 2019
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“IL MEDICO OSSERVA...”

“Medicina integrativa: cosa è? Come viene svolta una visita? Cosa può curare?”

Sempre più spesso si assiste a dibattiti accesi nel corso dei quali due fazioni mediche si contrappongono.

Da una parte i tifosi della “medicina tradizionale” (così amano definirla) e dall’altra una congrega di pseudoguaritori, di sciamani dell’ultima ora e di persone che raccontano guarigioni miracolose e che sostengono l’utilizzo della “medicina alternativa” (così sempre costoro amano definirla).

Sopratutto in questo caso, in cui è in gioco la salute delle persone sarebbe più appropriato adottare espressioni e ragionamenti più equilibrati e soprattutto basati su evidenze scientifiche.

Se una terapia (qualsiasi essa sia) riesce a guarire,  se tale effetto è ripetuto nel tempo in maniera non casuale ma sistematica, dovrebbe essere chiamata “medicina” punto e basta.

Non esiste un qualcosa che possa essere alternativo alla scienza medica.

Qualsiasi intervento terapeutico o è medicina (e, quindi, rientra a tutti gli effetti nelle applicazioni scientifiche ) oppure non lo è (e, quindi, non può definirsi medicina).

Qual’è allora il limite che permette di includere una pratica terapeutica nell’ambito della medicina?

Esso è rappresentato dallo studio della letteratura scientifica, dei suoi risultati e l’osservazione critica e competente delle storie cliniche dei pazienti durante la pratica medica quotidiana.

Il professor Sackett, inventore della evidence based medicine (medicina basata sull’evidenza) dice che le linee guida devono essere delle indicazioni sulla maggior evidenza clinica che il medico deve correlare con le proprie esperienze e le proprie convinzioni professionali ed etiche.

Terapie come la fitoterapia, l’agopuntura, la gemmoterapia, l’omeopatia, terapie con mezzi fisici possono rappresentare una utile integrazione in casi clinici complessi.

Ad esempio pazienti che utilizzano da tanto tempo farmaci come cortisone, antibiotici, antidepressivi e che non percepiscono più ulteriori miglioramenti del proprio stato di salute possono ricorrere a terapia omeopatica anche in associazione con i farmaci che assumono.

Tale approccio può in casi ben selezionati dare al paziente un miglioramento  senza alcuna interazione con i farmaci convenzionali.

In alcuni casi è anche possibile diminuire la posologia del farmaco, elemento importante in pazienti che sono sottoposti a terapie croniche.

Quanto sopra detto richiede una valutazione combinata in cui il medico omeopata si interfaccia in un interscambio costante con il collega specialista competente.

L’omeopatia, in particolare, è oggetto di continuo dibattito.

Un mio recente articolo pubblicato su Gazzetta Medica Italiana ed un secondo lavoro pubblicato sulla rivista scientifica Archives of Physical and Rehabilitation Medicine ne studiano i limiti, le indicazioni e alcune applicazioni cliniche.

L’omeopatia si basa su uno studio del paziente in maniera globale, mettendo al centro della analisi l’individuo con la sua storia personale .

La malattia è, quindi, una esperienza soggettiva non sempre standardizzabile.

“Non esiste la malattia, esiste il malato”.

Tale concetto trova piena concordanza con le più solide basi di semeiotica medica e chirurgica secondo le quali sin dai tempi di Ippocrate l’esame obiettivo del paziente, la anamnesi nella quale lo stesso paziente riferisce i suoi sintomi permettono al medico di ricercarne i “segni” indicativi di diagnosi dettagliata.

Nella fase della valutazione del paziente , quindi, non ci dovrebbero essere differenze fra una visita effettuata da un medico omeopata rispetto a quella condotta da un medico non omeopata.


Dott.Alfonso Tramontana

 Medico Chirurgo  

 Specialista in Omeopatia 

 Fisiatria 

Chirurgia Toracica ed Agopuntura

Ricercatore in Medicina Integrativa presso

 la Universidad Rey Juan Carlos de Madrid

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